Giulio, un contadino | I ricordi di Agostino | Le fatiche di Emilio |
Nella villa di Montetorto | Quanto lavoro.. | Ugo l'artigiano |
Giulio, un contadino della villa di Montetorto Oggi
inizia la raccolta delle olive e, per noi contadini, sono giornate di
dura fatica; ma, per il signore, è il momento più bello dell’anno oltre
alla vendemmia perché il vino e l’olio sono i prodotti più richiesti sul
mercato. |
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L’uliveto é diviso in diverse
zone e, il vilicus ha affidato ognuna ad un gruppo di contadini, uomini
lillipuziani ma volenterosi, io sono capitato con il mio amico Lucio, un
uomo dalla corporatura robusta e dalle braccia muscolose, ma gentile e affettuoso. La raccolta si svolge nelle ore della mattinata, e, noi contadini, dobbiamo arrampicarci come gatti su fragili scale di legno per "scaraventare" le olive dentro i cesti, poi svuotare i cesti nei sacchi, caricarli sui carri e portare il tutto alla pars fructuaria dove avverrà la spremitura. Ad un certo punto il vilicus sbraita infuriato: - Giulio, stai attento! Guarda quante olive sono cadute a terra! Mettile in quel maledetto cesto!” E, tu Lucio, cosa fai! Batti la fiacca! Basta con le chiacchiere! Qui si lavora, capito?! Datti da fare con quella pertica!! Il mio amico ed io, controvoglia, eseguiamo gli ordini del vilicus, spettegolando su di lui: - Non ti pare che è un po’ arrabbiatello, il capo, oggi?! Lucio risponde: - “Beh, forse ha ricevuto una strigliata dal dominus visto che siamo un po’ in ritardo con i tempi”!. |
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Il vilicus, intanto, pensa tra
sé e sé: - “Quanto sono sfaticati quei due, prima o poi gli darò una bella
lezione!”. Finalmente è arrivata la quarta ora: la pausa pranzo quella più attesa dai contadini dove possiamo chiacchierare e riposarci per affrontare, in seguito, altre dure ore di lavoro. Caricati i sacchi sul carro , torno verso villa. Improvvisamente sento un bel " crasch"!...La ruota posteriore del carro si è staccata e inizia a rotolare vorticosamente come una trottola per tutta la collina, come se volesse farmi un dispetto! Oh! Giove ! Ti prego abbi pietà di me! Non mandarmi altre disgrazie, per oggi mi bastano le "ramanzine" del fattore. Con il mio vocione da orco inizio a gridare a squarciagola: - "Fermati, maledetta!”. Fortunatamente la ruota, dopo pochi metri, perde l’equilibrio e si ferma. Ansimando come un cane, per la lunga corsa, la raggiungo. Per fortuna! Per modo di dire, perché per rimontarla perdo molto tempo ed, essendo da solo, ho impiegato una buona parte del pomeriggio. Dietro le colline, il cielo é rosso infuocato, il sole sta per tramontare quando arrivo alla pars fructuaria. I sacchi vengono scaricate dagli schiavi, sempre sotto stretta vigilanza del vilicus. Guai se solamente due o più cadranno a terra ! |
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Domani,dopo la pulitura,si
procederà alla pressatura nel torchio. Laura, Luca B, Miriam |
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I ricordi di Agostino
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Le altre due stanze erano
le camere: una dormivano i miei genitori e nell'altra il nonno, Cornelia,
la mia sorellina ed io.
Mio padre era il vilicus, esperto nei lavori agricoli e nella lavorazione dell'uva; mia madre lavorava in casa, filando e tessendo la lana, spesso aiutata da mia sorella. Il periodo dell’anno che amavo di più era la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno: una stagione piena di colori e soprattutto era tempo di vendemmia. Mio padre ed io ci alzavamo, in quel periodo, all’alba, con il cantare del gallo; e dopo aver salutato mia madre e mia sorella, salivamo sul carro per recarci nei vigneti. |
Il tragitto era abbastanza corto
ma, lo rendeva più lungo le varie tappe che facevamo per “prendere” gli
altri contadini, spesso accompagnati dai loro figli. Arrivato nei campi me ne stavo sempre, per un po’ , immobile ad osservare quel panorama stupendo: un’immensa distesa di zone e fasce lucenti di verde scuro ai confini del cielo si presentava davanti ai miei occhi. |
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Il sole settembrino
riscaldava il mio corpo, mentre aiutavo gli altri a raccogliere i grappoli
d’uva e a svuotare sul carro le ceste. Quando l'aria si tingeva di rosa,
era l'ora di smettere di lavorare e, insieme a mio padre e ai servi. tornavo
a casa. La vendemmia durava alcuni giorni, noi ragazzi quando portavamo i cesti di uva ai carri, durante il tragitto, ne facevamo una bella “scorpacciata”. Alla villa, l’uva veniva “ammucchiata” in una grande vasca per essere spremuta. Il liquido ricavato, attraverso un cataletto, andava a finire nella prima vasca dove si depositava il vino di prima spremitura da usare subito. |
Nelle altre due vasche, comunicanti tra
loro attraverso un tubo di troppo pieno, il vino doveva riposare per alcuni
giorni per la decantazione. Dopo la decantazione, il mosto, attraverso i cataletti di raccolta, veniva trasferito in un'altra vasca dove avveniva una nuova fermentazione. Una volta fermentato, il vino veniva imbottigliato nelle anfore per essere commerciato. Anche nella produzione dell’olio c’erano molti lavoratori fra i quali mio nonno, addetto alla torchiatura. La sera, prima di andare a dormire, tutta la famiglia si riuniva davanti al focolare e si raccontava le vicende della giornata appena trascorsa |
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Mio nonno era molto fiero
del suo lavoro perché, l’olio era molto importante per il commercio e
garantiva ricchezza alla villa.
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Nella
villa di Montetorto... La
villa di Montetorto è gestita dal vilicus Flavio, aiutato da suo fratello
Antonio. |
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Queste vengono messe nei sacchi
e caricate sui carri. Alla villa, le olive, dopo essere lavate e snocciolate, vengono gettate nei torchi, dove una pressa gigante le schiaccia. Il liquido ottenuto si deposita in tre vasche impermeabili:nella terza vi è l’olio aspro, nella seconda l’olio un po’ più buono e nella prima vasca l’olio più pregiato. Nella vasca c’è un foro dove esce la sostanza in più. L’olio ricavato viene riposto in anfore e venduto nei mercati delle città e nei villaggi vicini. |
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Un giorno Flavio, viene incaricato dal dominus
di consegnare una notevole quantità d'olio a un mercante di Venezia, così
lascia la villa per intraprendere il lungo viaggio. Mentre carica sul carro le anfore, chiama Antonio dicendo di gestire la villa fino al suo ritorno. Concluso l'affare, torna a casa; ma arrivato. nota subito la porta spalancata della palizzata e, con aria preoccupata, entra al suo interno. La villa è tutta sottosopra, e un timore lo assale. Di corsa si dirige verso la cantina dove è rimasto il preziosissimo olio. |
Rimane sbigottito nel vedere
che mancano diverse anfore, così inizia ad indagare.
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Quanto
lavoro per qualche anfora di vino e olio!!! Quinto,
accompagnato dai suoi operai, arriva una mattina di buon ora a Montetorto. |
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Modellano una superficie larga e spessa,
scavano con precisione un piano e posizionano i mattoni a spina di pesce,
così la pavimentazione inizia a prendere forma. Non é affatto facile realizzare questo pavimento, infatti solo i più bravi artigiani e con molta esperienza possono riuscirci senza commettere errori. Dopo aver sistemato i mattoni, cominciano ad costruire le vasche controllando con il filo a piombo se le pareti sono dritte. Altri operai, realizzano il tubo del “troppo pieno”, collegamento necessario fra le due vasche per impedire all’olio o al vino buono di mescolarsi con quelli di seconda e terza spremitura |
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Il tempo passa e, allo scadere
delle due decadi, il lavoro é completato.
“Grazie, avete svolto un ottimo lavoro, ma soprattutto nei tempi prestabiliti!”- si congratula il fattore . Questi ringrazia a sua volta e se ne va con tutta la sua “equipe” dopo aver ricevuto in compenso cinque anfore di olio e di vino. |
Davide, Enrico, Luca,
Thomas |
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Le fatiche
di Emilio Emilio,
un contadino della villa di Montetorto, si era svegliato all’alba per
“schiacciare” le olive che aveva raccolto il giorno prima insieme ad altri
contadini e ai servi. |
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Mentre spremevano,
Emilio incitava i compagni con il suo vocione: ”girate più forte, siete
dei rammolliti, vo' non avete la forza 'te le braccia per girà sto torchio”?!.
In quel momento arrivò il vilicus a controllare: ” cos’è tutta 'sta cagiara che state a fa? Dovete fadigà, non dovede trastullavve e chiacchierà”. Capito?! L’oliva veniva lentamente schiacciata. Il liquido si gettava in una vasca, (contenente la prima spremitura) poi c’erano altre due vasche comunicanti tra loro attraverso un tubo di troppo pieno; l’olio rimaneva lì per la decantazione. |
Emilio aveva una breve pausa
all’ora di pranzo: mangiava il pane offerto dal fattore e beveva l’acqua
della sorgente. La sosta finiva presto e il duro lavoro riprendeva. Al tramontar del sole lasciava la villa e tornava al suo bugigattolo. |
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A lui piaceva
la dimora di Montetorto, proprietà del nobile Sestio che risiedeva a Roma
e veniva ogni tanto lì a trascorrere le vacanze e a rilassarsi. Davanti c’era un ampio porticato per passeggiare anche nelle giornate di tempo brutto, circondato da giardini e fontane, abbastanza alte e solide le mura, al di fuori di queste c’erano gli orti, i campi e le abitazioni dei contadini liberi. Gli alloggi dei servi, i magazzini e i capannoni (stanzoni dove c’era tutto il necessario per il lavoro) erano dietro l'abitazione del signore. |
Era il tramonto, e un’aria
piena di colori mutevoli avvolgeva la villa tra luce ed ombra. Davide, Gabriele, Michele
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Un
artigiano a Montetorto nel 322 d.c...
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È da pochi
giorni che vivo qui ed ancora mi devo avvezzare ad alzarmi al canto del
gallo, ero abituato ai ritmi della città: ai rintocchi delle campane e ai
rumori striduli dei carri che percorrono le vie cittadine per raggiungere
il mercato centrale. Il vilicus ha il compito di organizzare il lavoro: alcuni servi raccolgono la legna per alimentare il forno , altri si dirigono lungo il corso del Musone a raccogliere l’argilla necessaria, altri si mettono a mia disposizione. Portata l'argilla, inizio a modellarla, che lavoro faticoso! |
- Caio, cosa devo fare?- mi chiede un servo. |
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Il vilicus ed io iniziamo a
cercarle disperatamente e, dopo tante ricerche, ci rendiamo conto che sono
“scherzi” della stanchezza!!! Sbadatamente l’abbiamo lasciate sul carro
ben avvolte nella paglia. Terminata la vendita, torno con il fattore alla dimora per continuare la vita di tutti i giorni. |
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Alice, Giorgia, Marica |
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